Anche la Befana… finisce in Cassazione

aprile 23, 2016

I diversi i “casi” in cui la magistratura si è occupata del reato di ingiuria e di sanzioni disciplinari a carico di chi ha utilizzato la parola Befana

di Marina Crisafi – Anche se ogni anno, appende milioni di calze ricche di prelibatezze o di doni (ma anche carbone per i meno buoni), non c’è forse figura più “bistrattata” della povera Befana! Tanto che chiamare così qualcuno può costare molto caro.

In una sentenza di qualche tempo fa (n. 2597/2013), la Cassazione ha confermato la condanna per il reato di molestie nei confronti di una donna che aveva inviato due sms offensivi al telefono cellulare della cognata,dandole della befana.

In realtà, i messaggi contenevano anche altri meno “simpatici” epiteti oltre alla rivelazione delle “corna” del marito, ma per gli Ermellini è il complessivo tenore dei messaggi a far ritenere integrato il reato, per aver arrecato molestia e disturbo alla persona offesa.

befanaNon regge la tesi difensiva della donna, che sosteneva la non punibilità del fatto contestato poiché non era ravvisabile alcuna lesione dell’ordine pubblico, bene giuridico tutelato dalla norma di cui all’art. 660 c.p.

Per il Palazzaccio, infatti, il reato contestato “punisce chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero con il mezzo del telefono, per petulanza o altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo”. Inoltre si tratta di fattispecie plurioffensiva,perché protegge, oltre la tranquillità della persona offesa, anche l’ordine pubblico, il quale, però “è sufficiente, per la sussistenza del reato, che sia messo solo in pericolo per la possibile reazione della parte offesa”.

E non vi è dubbio, hanno ritenuto i giudici di piazza Cavour condannando l’autrice degli sms, che gli stessi fossero idonei sia a molestare che a disturbare, alterandone la tranquillità, la povera cognata.

In un’altra vicenda di qualche anno fa, il Tribunale di S. Maria Capua Vetere (sentenza n. 1642/2009), ha ritenuto responsabile per il reato di ingiuria un uomo che, separatosi dalla moglie, figlia della persona offesa, ogni qualvolta si ritrovava ad avere contatti con l’ex suocera (visto che la moglie era andata ad abitare presso la madre), “non perdeva occasione” per offenderla, chiamandola, tra gli altri insulti, anche befana. Per il Tribunale le frasi ingiuriose, sono “tali da offendere l’onore e il decoro della stessa, beni della personalità morale e sociale dell’individuo oggetto di una specifica tutela da parte dell’ordinamento giuridico e che meritano, pertanto, il massimo rispetto da parte di tutti i consociati“.

Rimanendo al di fuori del versante penale, l’appellativo di befana ha meritato anche l’interesse dei giudici amministrativi.

In una recente sentenza, la n. 839/2015, il Tar di Catania è stato chiamato a decidere sull’annullamento della sanzione disciplinare del rimprovero irrogata a un carabiniere, per aver pronunciato, mentre era impegnato in posto di controllo sulla pubblica via, il termine “befana” nei confronti di una privata cittadina, giudizio ritenuto lesivo della dignità della stessa che dava luogo persino a rimostranze non degenerate soltanto grazie all’intervento del capopattuglia.

A nulla sono valse anche in tal caso le tesi difensive del militare che negava risolutamente il tutto. Il Tar infatti ha rigettato il ricorso.

Per cui, morale della favola, prima di dare della Befana a qualcuno, meglio pensarci due volte!

Fonte: Anche la Befana… finisce in Cassazione
(www.StudioCataldi.it)